Data di Pubblicazione:
2013
Abstract:
L’inventiva di Henry James ha nutrito abbondantemente le drammaturgie moderne: la sua prosa elegante, imbevuta di psicologia, l’uso raffinato del monologo interiore, il dono di saper maneggiare con maestria la suspense e, più in generale, il suo metodo di raccontare adottando il punto di vista di un personaggio esteriorizzandone le reazioni profonde, gli hanno guadagnato un posto d’onore fra gli scrittori tardo ottecenteschi e fin de siècle.
Nessun melomane potrà mai scordare l’inquietudine sottile che permea le pagine di The turn of the Screw, per citare uno dei suoi titoli più famosi e meglio adattati per la scena lirica. Sciarrino allude al capolavoro di Benjamin Britten mediante riferimenti formali (forma con variazione e Singspiel) e timbrici (orchestra da camera), come notava Giorgio Pestelli nella sua esemplare recensione della première (che ripubblichiamo in questo volume), ma anche per nessi intertestuali voluti, come la presenza di due bambini, i fratelli Georgia e Davide Lepore, anche se la prima (scelta di gran peso drammatico) sosteneva il ruolo della decrepita Giuliana, e se il secondo interpretò il ruolo dell’ermafrodito solo perché a Firenze nel 1978 fu separato da quello del doppio di Giuliana. Come nota Tarcisio Balbo nell’In breve,
la prima rappresentazione di The Turn of the Screw avviene, nel 1954, nella Venezia in cui è ambientato anche The Aspern Papers dello stesso James, ed è sin troppo facile creare, a scopo esplicativo, un artificioso gioco di specchi che rimanda dal modello di Britten all’opera letteraria di James; e ad Aspern di Salvatore Sciarrino che, manco a farlo apposta, è stata rappresentata per la prima volta nel 1978 a Firenze: la stessa città in cui James concepì e terminò il proprio racconto nel 1877.
Non solo inquietudine, ma anche orrore circola nell’opera di Sciarrino, a cominciare dall’immagine di Giuliana che il narratore recepisce come una «reliquia» che «portava sopra gli occhi un orrendo schermo verde» (I, n. 4). Vi si aggiunga un parallelo che sorge spontaneo nell’appassionato d’opera, fra la scena del tentato furto in cui il protagonista, invaso dalla sua passione, causa la morte di Giuliana (II, n. 15), e quella in cui Hermann, nella Dama di picche, provoca il decesso dell’incartapecorita contessa nella Dama di picche, roso dalla pazzia, per rubarle il segreto delle tre carte. Scelte drammatiche raffinate, che assecondano magnificamente il carattere della musica di Sciarrino.
The Aspern Papers è forse una delle novelle più celebri e riuscite di James, ed è forse tra le sue vicende quella che ha incontrato maggior favore di musicisti e registi, teatrali, cinematografici e televisivi. Dal 1947 a oggi quattro pellicole, a cominciare da The lost Moment (in italiano Gli amanti di Venezia), un thriller di Martin Gabel con molti tratti dell’horror, fra le quali un film per la televisione italiana diretto da Sandro Sequi nel 1972, con Nando Gazzolo, fratello maggiore di Virginio interprete del narratore nella première di Aspern di Sciarrino sei anni dopo (solo un caso?). E se l’adattamento più celebre per il teatro di parola vide impegnata Vanessa Redgrave nel ruolo di Tita al Theatre Royal, Haymarket, London, ben due opere sono state ricavate dal racconto: oltre a quella di Sciarrino (1978) The Aspern Papers di Dominick Argento presentata dall’Opera di Dallas dieci anni dopo. In quest’ultimo lavoro il luogo dell’azione passa da Venezia al Lago di Como, ma già la vicenda era trasmigrata una volta nelle Baleari (Els papers d’Aspern, 1991) e persino nella foresta venezuelana (nel film di Marianne Helmund, 2010).
Strano, perché Venezia sembra proprio una sede ideale dove ambientare la fosca vicenda, e venne scelta proprio per il s
Tipologia CRIS:
7.1 Curatela
Keywords:
Aspern Papers; Salvatore Sciarrino; Henry James; Giorgio Marini; opera contemporanea
Elenco autori:
Girardi, Michele
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